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Ricerca MEDUS

Interazione del moto ondoso con barrire emerse

Per quanto concerne le attività di ricerca sviluppate, particolare importanza merita lo studio dell'interazione tra il moto ondoso e le strutture marittime (emerse/sommerse), in quanto realizzato mediante l'utilizzo di tecniche numeriche innovative. Le dighe marittime (frangiflutti) rappresentano forse le più antiche e sicuramente le più diffuse opere (portuali o di difesa), praticamente, le più semplici da realizzare per difendersi dai marosi. La tecnica costruttiva, che si avvale del procedimento di versare scogli o massi (in materiale lapideo naturale o artificiale) ha suggerito i termini a "gettata" o a "scogliera" con cui vengono riconosciute. Generalmente costruite per successiva disposizione di strati presentano nella loro sagoma degli elementi caratteristici: una infrastruttura o nucleo di pietrame disposti a scarpa sia verso l'esterno che verso l'interno; uno o più strati filtro disposti tra nucleo e la mantellata (rivestimento esterno); uno o più strati di rivestimento (mantellata) costituiti da massi naturali o artificiali (di varia forma), che assolve la funzione di protezione della struttura dall'attacco del moto ondoso; un coronamento che può comprendere o meno un massiccio di calcestruzzo ed un eventuale muro paraonde (figura 1). Per il dimensionamento, in conseguenza della loro interazione con un sistema naturale complesso come quello del mare e delle spiagge, è ormai di consolidata esperienza non far riferimento solo alle teorie disponibili in letteratura. È pratica comune verificare l'efficienza idraulica e la stabilità dell'opera mediante l'ausilio di modellazioni numeriche o fisiche. Nella maggior parte dei casi la scelta della tipologia di simulazione da impiegare non è solo funzione dei fenomeni che si vogliono analizzare ma è anche soprattutto legata a fattori di tipo economico.

Figura 1
FIGURA 1


È pur vero però che, fino a questo momento, le modellazioni in vasca permettevano di analizzare aspetti non facilmente valutabili mediante l'approccio numerico, soprattutto per le strutture a gettata composte cioè da massi o blocchi di calcestruzzo tra i quali l'acqua si incunea con moto non stazionario attraverso percorsi complessi, a volte caratterizzati anche dalla presenza di aria. Il progettista pertanto, volendo avere un valido supporto per il dimensionamento idraulico (overtopping, frangimento, risalita, riflessione) e strutturale, in relazione soprattutto alla stabilità dei massi, ha avuto finora come unica possibilità la realizzazione di prove fisiche in laboratorio. L'approccio numerico, in particolare per problemi dalla geometria così complessa, aveva fino a poco tempo fa il difetto di non fornire indicazioni soddisfacenti, in quanto i fenomeni di interazione che si riuscivano a riprodurre erano sicuramente inadeguati alla realtà. In questo caso la costruzione della struttura non poteva rappresentare fedelmente la geometria di un'opera a gettata realizzata mediante la sovrapposizione di singoli elementi per strati (nucleo, filtro, mantellata) e quindi le maggiori limitazioni si avevano sul calcolo del moto di filtrazione. Numericamente, le possibili soluzioni al problema erano generalmente trattate secondo due differenti metodologie. La prima, di semplice impiego, è basata sull'ipotesi che la geometria porosa, pur influenzando il fenomeno, non abbia un rilievo predominante sulle caratteristiche di movimento del fluido e, quindi, l'elemento solido è considerato all'interno del dominio di calcolo come un unico blocco impermeabile trascurando gli effetti della porosità (figura 2 - sinistra). Le equazioni, qualunque sia la loro forma, vengono discretizzate alle differenze finite su una maglia che presenta dei nodi di calcolo nulli in corrispondenza dell'opera. È evidente che più fitta è la griglia di calcolo, maggiori sono i punti di frontiera posizionati sulle superfici di contatto liquido-solido, maggiore è l'accuratezza del calcolo soprattutto per ciò che concerne le interazioni. La seconda ("mezzo poroso"), ormai abbastanza diffusa, ritenendo invece non trascurabile l'influenza della porosità sulle caratteristiche idrodinamiche del fluido, prevede che in corrispondenza della gettata le equazioni siano modificate per tener conto del moto di filtrazione (Darcy o Forchheimer, a seconda che si consideri la perdita di carico lineare o quadratica) (figura 2 - destra). In pratica, si introduce un termine aggiuntivo che riproduce le interazioni del fluido con i meati interni, mediante coefficienti omogenei per tutta l'estensione del dominio filtrante.

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Figura 1
FIGURA 2

 

Nonostante quest'ultima metodologia abbia fornito validissimi risultati, è opinione comune che in molte situazioni non sia completamente adeguata. Inoltre, da una parte la necessità di calibrazione dei parametri numerici legati alla risoluzione del moto all'interno del mezzo poroso, dall'altra il considerare volumi di controllo più grandi della scala dei percorsi random interni alla gettata, portano necessariamente a trascurare alcuni aspetti molto importanti.

Per sopperire a tali limitazioni, al MEDUS è stata sviluppata una nuova procedura che, mediante l'utilizzo di software cad e numerico, permette di studiare con un approccio più dettagliato, e quindi innovativo, l'idrodinamica del moto ondoso su un'opera marittima a gettata (emersa o sommersa) e la stabilità idraulica dei massi della mantellata.

Le simulazioni sono state implementate in modo tale che il moto di filtrazione all'interno degli interstizi, normalmente presenti nelle opere frangiflutti, non è valutato mediante l'utilizzo del modello "mezzo poroso", ma integrando le equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds (RANS) all'interno dei vuoti. Pertanto la struttura è stata modellata, così come avviene nella realtà costruttiva o per analoghe prove fisiche di laboratorio, mediante la sovrapposizione di singoli elementi tridimensionali e la griglia di calcolo numerico è stata infittita al punto tale da avere dei nodi computazionali all'interno dei meati.

Inizialmente, sono state riprodotte le diverse tipologie di massi costituenti la mantellata, da quella naturale a quelle artificiali di uso comune: Cubo, Antifer, Tetrapodo, AccropodeTM, Core-locTM, Xbloc®, Massi naturali (figura 3).

 

Figura 1
FIGURA 3

Successivamente, ricostruita la sagoma interna di un frangiflutti emerso, sul paramento inclinato è stata realizzata una mantellata, riprodotta digitalmente mediante la sovrapposizione dei singoli massi, uno alla volta rispettando le condizioni di gravità ed incastro, secondo uno schema geometrico reale, quindi modellando la struttura così come avviene nell'ambito costruttivo o di laboratorio (figura 4). In seguito, visti i buoni risultati ottenuti con questo primo modello, si è approfondito il grado di definizione dell'opera introducendo con la stessa tecnica digitale lo strato filtro e la protezione al piede (figura 4).

 

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Figura 4
FIGURA 4

Definite le opere, le configurazioni geometriche implementate sono state importate in un software CFD per valutare le interazioni idrodinamiche.

Inizialmente, l'analisi dei risultati è stata condotta con l'intento di verificare le capacità del metodo di rappresentare al meglio i fenomeni di interazione onda-struttura ed il moto di filtrazione interno ai blocchi. Pertanto sono stati diagrammati gli andamenti dell'energia turbolenta lungo la sezione centrale del canale numerico (figura 5) ed alcune configurazioni tridimensionali della superficie libera (figura 6).



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Figura 5
FIGURA 5


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Figura 6
FIGURA 6



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Al momento, invece, è in corso una validazione confrontando i fenomeni di Run-up e Riflessione ottenuti numericamente con alcune delle formule empiriche disponibili in letteratura e con analoghe modellazioni sperimentali.


Ulteriore aspetto innovativo della metodologia proposta riguarda la resistenza strutturale dell'opera a gettata che interessa lo strato più esterno (mantellata) progettato proprio per resistere alle sollecitazioni del moto ondoso incidente .

Come ampiamente documentato in letteratura le forze che agiscono sul singolo elemento sono: idrodinamica (instabilizzante), peso (stabilizzante), interconnessione ed attrito tra i blocchi (stabilizzante). Quando l'azione instabilizzante prevale su quelle di stabilità si verifica il danno dell'opera in quanto il singolo masso viene dislocato dalla sezione di posa in opera. In questi casi, trattandosi di un'opera a gettata si verifica un movimento anche degli altri elementi che può provocare una modifica della sagoma progettuale.

Fino ad oggi, l'analisi di stabilità è stata realizzata utilizzando modellazioni di laboratorio in canaletta o vasca. In questo modo è stato possibile, mediante tecniche ormai consolidate dal tempo, valutare il movimento dei singoli elementi fornendo una valutazione sul danno potenziale della struttura.

Dal punto di vista numerico le modellazioni non sono state in grado di definire una procedura similare a quanto avviene nei test di laboratorio. Carenza ascrivibile alla difficoltà di riprodurre numericamente un processo molto complesso non facilmente schematizzabile in tutte le sue componenti.

Invece, la procedura numerica implementata è stata realizzata proprio con l'intento di colmare quanto più possibile questo gap tra i modelli e quindi di costruire un approccio numerico che permetta di identificare in maniera univoca, come avviene in laboratorio, quali massi all'interno dell'opera subiscono un'eventuale azione di danno. 

Con la tecnologia disponibile si potrebbe strutturare un'analisi al calcolatore simile a quelle realizzate in laboratorio, valutando mediante le funzioni del software CFD l'eventuale movimento dei massi e quindi il danno. Purtroppo, al momento, l'ipotesi non è percorribile a causa dei tempi di calcolo elevatissimi.

Per questo motivo e ritenendo non indispensabile in ambito numerico valutare il percorso di dislocamento del blocco, è stata strutturata una procedura semplificata basata sul concetto ingegneristico del vantaggio di sicurezza, valutando separatamente le forze che agiscono sul singolo elemento, trascurando l'azione di interconnessione ed attrito.

Mediante la conformazione numerica dell'opera durante l'attacco ondametrico è possibile quantificare l'evoluzione nel tempo dell'azione idrodinamica complessiva sul singolo blocco (pressione e sforzo), quindi la risultante di tutte le forze che possono essere causa di instabilità.

Confrontando tale azione, con il peso del masso si può definire la stabilità del singolo elemento. Infatti, qualora tale sollecitazione instabilizzante superi quella di stabilità (peso del blocco) allora quell'elemento si trova in una condizione di danno potenziale in quanto il suo equilibrio all'interno dell'opera sarebbe garantito solo dalle forze di incastro e di attrito, di entità inferiore rispetto al peso proprio. In questo modo è possibile, quindi, non solo avere una verifica sul dimensionamento del blocco ma anche individuare all'interno dell'opera gli elementi che possono essere sottoposti ad un eventuale danno causato da un'azione idrodinamica estrema.

Un esempio è riportato nelle figure seguenti dove è stato rappresentato il confronto tra la forza idrodinamica ed il peso dei massi della mantellata (figura 8).

 

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Figura 8
FIGURA 8


Con l'intento di realizzare una procedura di analisi numerica della stabilità quanto più simile a quella fisica i ricercatori del MEDUS stanno implementando una metodologia che permetta di quantificare l'azione di interconnessione ed attrito a cui è soggetto l'elemento appartenente alla mantellata.

In pratica, mediante l'utilizzo di software specialistico, si intende riprodurre in ambito virtuale le stesse prove che vengono realizzate sperimentalmente, in cui la quantificazione di tale azione viene determinata con un test di estrazione a secco (pull-out), misurando (in direzione perpendicolare alla scarpa) la forza necessaria per estrarre il singolo elemento dalla sua conformazione d'origine.

 

Un esempio dei primi risultati ottenuti è riportato nelle seguenti immagini:


Figura 9

FIGURA 9 


 

 

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